In giro per i bar e le osterie di paese della Carnia, scoprendo la Valle del But
Rieccoci in strada.
Abbiamo lasciato Venzone alle spalle e, col sole da poco tramontato, ci dirigiamo verso il cuore della Carnia con l'intenzione di fermarci ad Arta Terme. Percorriamo la statale 52 passando per Tolmezzo, il centro più importante della regione. La strada non è particolarmente tortuosa, ma si snoda in maniera sinuosa incrociando il suo percorso con quello del Tagliamento in più punti. Il paesaggio è cambiato decisamente: dalla piana delle Grave ci addentriamo all'interno di valli racchiuse da monti che si fanno sempre più pronunciati e che enfatizzano questo scenario di fine inverno, reso ancora più suggestivo dalla scarsa illuminazione dei lampioni ( quasi assente se non in prossimità dei piccoli centri che si incontrano lungo la strada).

L' aria fresca della sera ci ricorda che siamo ancora ai primi di Marzo, ed il buio calato sulla valle, facendole da manto, ci fa venir voglia di fermarci per un aperitivo on the road. D'altronde manca poco alla nostra meta finale, e prima di cena un bicchiere di vino è quello che ci vuole. All'altezza del paesino di Imponzo, sempre sulla statale buia, veniamo attirati dalle luci di un piccolo bar sulla strada. Un paio di macchine sono parcheggiate fuori e decidiamo di fermarci. E' il bar da Napoleone.
Come entriamo noto subito che l'ambiente è rustico e spartano. Una piccola stufa a legna sulla sinistra dopo l'ingresso rende ancora più calda l'atmosfera casalinga che si respira dentro. Il locale, si vede subito, non ha tanti fronzoli, presentandosi abbastanza minimalista: alcuni tavoli in legno, qualche foto e delle pannocchie appese ai muri. Dietro il banco un signore dai capelli grigi e l'aria di chi ha tutto il tempo che vuole, nessuna fretta.
Ci avviciniamo e ordiniamo due Friulani della casa (1,00 €. l'uno). Ovviamente, come nostro solito, ricusiamo il tavolo preferendo stare al bancone, e giusto il tempo di un brindisi con Ale, attacchiamo bottone con i due clienti che stavano già lì. Classica conversazione di rito all'inizio: ci chiedono da dove arriviamo, se siamo in vacanza, dove siamo diretti. Insomma giusto per rompere il ghiaccio... e intanto il primo bicchiere è finito. Paolo, uno dei due avventori, vuole offrire un giro e ci propone una specialità del bar, creando così l'occasione per conoscere il signore dai capelli grigi, Walter, il titolare: a dire il vero all'inizio mi aveva dato l'idea di chi preferisce stare per i fatti suoi, senza dare troppa confidenza. Ma ovviamente le impressioni spesso possono rivelarsi errate, o quanto meno non bene interpretate. Walter, coi suoi modi pacati e la sua voce in odor di flemma, si rivela essere persona squisita e di spessore, dai modi cortesemente timidi ma genuini. Ci accingiamo quindi a bere questa sua chicca: un vino bianco aromatizzato alla genziana. Particolarmente gradevole, un vino con decisa freschezza e con un richiamo amarognolo sostenuto, dovuto appunto alla genziana, che non disturba affatto.
Chiaramente Walter non fa il vino, ma si limita ad aromatizzarlo, cosa comunque non banale ( avendo in seguito provato altri vini aromatizzati altrove, il risultato finale può cambiare considerevolmente). Ricambiamo la cortesia offrendo altri due giri, e intanto si continua a chiacchierare, di tutto e di niente, di come piano piano il problema del coronavirus stia assumendo caratteri sempre più nazionali, ignari tuttavia delle problematiche che si sarebbero sviluppate da lì a poco. E difatti la preoccupazione che respiriamo quella sera è alquanto minima, e la conversazione scivola facilmente verso altri argomenti più ameni. Walter ci indica una foto in bianco e nero sulla parete: un signore con grossi baffi, abito e capello neri seduto ad un tavolino in esterno. Ci dice che è il nonno, Napoleone, da cui il nome del bar.
Nel frattempo si continua a sorseggiare il vino alla genziana... ma la fame inizia a farsi insistente e chiediamo se hanno qualche posto da consigliarci col desiderio di provare piatti tipici della zona. Ci indicano una serie di osterie di cui prendiamo nota, ma alla fine l'amico di Paolo, di cui sinceramente non ho mai saputo il nome (ma d'altronde gli incontri da banco sono spesso così, scevri da formalismi ed etichette, e sospinti da una brezza di convivialità immediata e se volete anonima), si offre di farci strada verso il Comune Rustico, un albergo ristorante dove ci suggerisce di cenare quella sera. Accettiamo di buon grado e salutiamo il bar ringraziando per la piacevole compagnia e ripromettendoci di tornarvi l'indomani.
Il Comune Rustico non tradisce certo il suo nome. Come si entra in sala si nota subito sulla sinistra, dirimpetto al bancone del bar, un bel camino aperto con un piacevole fuoco acceso. Ci fanno accomodare ad un tavolo e iniziamo a dare un'occhiata al menù, in cerca di piatti tipici. Sono sicuramente curioso di assaggiare i famosi Cjarsons, una sorta di ravioli, la cui pasta è fatta semplicemente di farina e acqua, e il ripieno costituito da erbe spontanee, patate, uvetta e cannella, il tutto condito con burro fuso e ricotta affumicata. Una vera delizia! Li accompagniamo a del vino rosso della casa: un merlot. Continuiamo con dello spezzatino di cervo per terminare con un altro piatto caratteristico della Carnia: il Frico con polenta, un piatto a base di formaggio di varie stagionature cotto in padella con burro o lardo, ed eventualmente patate e cipolle. Ci sono infatti due varianti di frico, una friabile e l'altra morbida. La prima è fatta da solo formaggio, generalmente Montasio, mentre la seconda prevede l'utilizzo anche delle patate, risultando quindi più soffice. Qui ci propongono quest'ultima variante. un piatto molto saporito che ben si sposa col merlot che stiamo bevendo. Prezzo per la cena €. 67,00.
Ormai si è fatta una certa e ci dirigiamo verso l'albergo, che scopriamo essere praticamente dietro l'angolo. Alloggiamo all'Hotel Alla Fonte, un 3 stelle pulito e curato, abbastanza comune. Ma soprattutto il più economico del paese ( €. 50,00 a notte per una matrimoniale senza colazione) e praticamente sopra il centro termale e con una bella vista sulla vallata.
L'indomani mattina, dopo aver fatto colazione al Comune Rustico, decidiamo di andare a visitare la Pieve di San Pietro a Zuglio. Simbolo della storia religiosa del territorio alpino, le Pievi erano circoscrizioni territoriali e religiose che facevano capo ad una chiesa matrice, collocata in posizione isolata e dominante le principali vallate e vie di comunicazione. Nel medioevo rappresentavano delle vere e proprie entità giuridico-religioso-sociali a capo di un preciso territorio.

Ci avviamo quindi verso Zuglio attraversando il fiume But e iniziamo a salire verso Fielis. La strada si snoda attraverso una serie di tornanti che ci portano sempre più in alto, offrendoci la possibilità di ammirare paesaggi stupendi.
Un cielo grigio chiaro lascia difficilmente intravedere un sole velato e fa da contrasto alle tonalità verde cachi e marroncino che paiono avvolgere la vallata. In lontananza le montagne paiono di un colore che volge più verso il blu, colorandosi di bianco sulle creste. L'aria è pungente e pulita.
Arrivati in cima ci godiamo lo spettacolo del panorama e della piccola chiesa, che è l'edificio religioso principale della Val But, nonché la più antica delle 11 storiche Pievi della Carnia.
Riprendiamo la strada per la discesa: sarebbe anche ora di un aperitivo! Scendendo dalla pieve appena rientrati nella valle, poco prima di rientrare nel centro di Zuglio, ci fermiamo in un baretto che
avevamo notato all'andata. L'insegna recita Bar Aperto, di conseguenza...
Da fuori è davvero invitante, col giallo tenue delle mura che ben risalta sullo sfondo delle montagne. Un paio di tavolini sotto il loggiato e una porta verde che ci introduce in un ambiente piccolo e racchiuso, ma super accogliente, dove un signore, sull'unico tavolo all'interno, sta armeggiando con ami e lenza affianco ad una piccola stufa a legna. Salutiamo -mandi- e chiediamo al ragazzo dietro al banco due bicchieri di Friulano della casa; guardandomi in giro noto subito diversi richiami alla cultura reggae, ma soprattutto un piccolo acquario con una tartaruga e, vicino all'unico tavolo, una gabbietta con un pappagallo parlante. E parlava davvero!
Iniziamo un po' a chiedere se avessero qualche consiglio in merito al dove andare a mangiare cucina locale ma economica, e il ragazzo ci dice di andare a chiedere ai signori che son seduti fuori. Mi attivo subito e in men che non si dica sono seduto con loro al tavolo bevendo vino e ascoltando i loro aneddoti, nonché una barzelletta su noi sardi. Come spesso accade in queste situazioni, mi rendo conto della bellezza delle cose e delle persone semplici, quelle che seppur con una certa ruvidezza, spesso specchio del territorio in cui vivono, riescono ad esprimere una genuinità che genera calore. Sotto loro consiglio andiamo a pranzo all' Osteria al Poç nel paesino di Sega, sulla strada che da Zuglio va verso Terzo. E' una tipica osteria, dove il legno è presente un po' dappertutto. Ci concediamo un pasto non troppo ricco e lungo, optando per il menù fisso: un piatto di tagliatelle al ragù, uno di formaggio alla piastra con polenta e della salsiccia arrosto con patate, che accompagniamo ad un litro di vino bianco della casa. €.25,00 in due.
Proseguiamo il pomeriggio visitando il caratteristico paesino di Sutrio situato più a nord, ai piedi del monte Zoncolan. Uno dei più caratteristici borghi della Carnia caratterizzato da case in pietra e stradine lastricate e che deve la sua notorietà alla presenza di famosissime botteghe di intaglio e scultura del legno.


Sarà l'orario pomeridiano pensiamo noi. O forse i primi timori di... mah.

Noi continuiamo la nostra passeggiata lungo le viuzze di Sutrio come immersi in una dimensione rallentata, quasi ovattata, alla luce di un sole timido e nascosto, o forse indifferente al vento freddo che si insinua nei vicoli.

Noi continuiamo la nostra passeggiata lungo le viuzze di Sutrio come immersi in una dimensione rallentata, quasi ovattata, alla luce di un sole timido e nascosto, o forse indifferente al vento freddo che si insinua nei vicoli.




Il mattino dopo al nostro risveglio riceviamo una bella sorpresa: è tutto imbiancato! Durante la notte ha infatti nevicato e il paesaggio attorno ne risulta notevolmente arricchito in suggestione.
Lasciamo l'albergo dopo aver preso un caffè e ci accingiamo a fare un ultimo giro per la zona prima di rimetterci in viaggio per far rientro a casa. Sulla strada per Piano D'arta ci imbattiamo nel Bar Stop e decidiamo di fermarci per un altro caffè. L'ambiente è piccolo e raccolto, ma confortevole, vivacemente addobbato da una serie di piccole bambole befana appese al soffitto sopra la postazione bar.

Diversi personaggi affollano già il bar bevendo chi vino chi birra, e la nostra voglia di caffè cede facilmente il passo al desiderio di unirci a loro per l'aperitivo. Ci sediamo come di consueto al banco e ordiniamo due calici di Friulano, che ci vengono serviti con delle canapè al salame. Presto detto e iniziamo a chiacchierare con Clara, la titolare, una ragazza giovane, ma che sa il fatto suo. Solare e cortese, ci mette subito a nostro agio, e ci troviamo a parlare di cibo e specialità friulane. Veniamo così a sapere che il padre produce artigianalmente la tipica salsiccia carnica , la Palmona, così decidiamo di acquistarne alcune. Davvero il nome del bar sia da monito a chi si dovesse trovare a passare da queste parti! Una sosta è oltremodo doverosa, data la genuinità e l'ospitalità del posto e della sua gente. Dopo aver trascorso allegramente un'oretta e mezza proseguiamo per la nostra strada.
Abbiamo già in programma di far visita al Caseificio Sociale Alto But di Sutrio per comprare del formaggio locale da portarci a casa. Non può mancare il Formadi Frant, un formaggio vaccino dal sapore forte e deciso con notevoli sensazioni di piccantezza, un tempo prodotto da formaggi latteria non consumati o difettati e oggi diventato prodotto di pregio: ottenuto da formaggi di diversa stagionatura macinati e poi impastati con sale,pepe e panna, vengono messi in forma per 20/30 giorni. Scegliamo anche della caciotta fresca affumicata col proposito di degustarla in macchina lungo il tragitto.
Ci concediamo ancora un po' di svago sulla neve prima di accomiatarci dalla Carnia; non abbiamo fretta e vorremmo anzi procrastinare la dipartita. Ma non possiamo congedarci definitivamente prima di un ultimo saluto a Walter del Bar Napoleone, senza dubbio il bar che maggiormente mi ha toccato ( e lo sa bene la Ale ). Un ultimo vino alla genziana e davvero è ora di muoversi, ma non senza il proposito di tornare a visitare e scoprire questo pezzo di Friuli, così ricco di storia e tradizioni, di prodotti agroalimentari, e di vino...tanto vino!


Abbiamo già in programma di far visita al Caseificio Sociale Alto But di Sutrio per comprare del formaggio locale da portarci a casa. Non può mancare il Formadi Frant, un formaggio vaccino dal sapore forte e deciso con notevoli sensazioni di piccantezza, un tempo prodotto da formaggi latteria non consumati o difettati e oggi diventato prodotto di pregio: ottenuto da formaggi di diversa stagionatura macinati e poi impastati con sale,pepe e panna, vengono messi in forma per 20/30 giorni. Scegliamo anche della caciotta fresca affumicata col proposito di degustarla in macchina lungo il tragitto.
Ci concediamo ancora un po' di svago sulla neve prima di accomiatarci dalla Carnia; non abbiamo fretta e vorremmo anzi procrastinare la dipartita. Ma non possiamo congedarci definitivamente prima di un ultimo saluto a Walter del Bar Napoleone, senza dubbio il bar che maggiormente mi ha toccato ( e lo sa bene la Ale ). Un ultimo vino alla genziana e davvero è ora di muoversi, ma non senza il proposito di tornare a visitare e scoprire questo pezzo di Friuli, così ricco di storia e tradizioni, di prodotti agroalimentari, e di vino...tanto vino!